Italian First Picture Docs Master 170310 

 

              La Santa Bibbia é la Parola  IMMUTABILE et Vivente di Dio l’Eterno .

              La SOLA Bibbia che raccomandiamo é  quella di King James/AV

     

              Perché lo diciamo?  Leggete l’orribile verità

              LA BIBBIA USATA PER INGANNARE

 

Tutti i nostri riti,                                 sono una azione orrenda all’Eterno Dio.

Tutte le nostre feste,                        sono una azione orrenda all’Eterno Dio.

Tutte le nostre pratiche pagane     sono una azione orrenda all’Eterno Dio.

 

 

L’Eterno Dio non è un  Idiota robotico a cui facciamo domande

e ubbidiamo come ci pare e quando è  conveniente a noi.

 

Egli è il nostro vivente, amorevole e personale Salvatore. 

Non c’è nessun altro.  

 

Gesù Cristo è la soluzione di tutti i nostri problemi. 

Non c’è nessun altro. 

 

                  1 Timoteo 2:5 Uno solo, infatti, è Dio e

                                                                          uno solo il mediatore

                                                                          fra Dio e gli uomini,

                                                                          l'uomo Cristo Gesù,

 

Se questo verso non è nella vostra Bibbia, la vostra Bibbia è corrotta.

Gettatela.

 

Siete stati ingannati a servire Satana, il dio del mondo.

 

La sincerità non è la questione. Potete essere sinceri ,

ma ancora avere torto.

 

Vivere mentendo è morire – É semplice.

 

                        CHAIN    Rompere tutte le catene CHAIN                                                

                                    Liberare i prigionieri  

                                        image003

        LA TESTIMONIANZA DI SORELLA CHARLOTTE       

                                                              

LA SCONVOLGENTE TESTIMONIANZA

DI UNA EX SUORA DI CLAUSURA

 

La testimonianza di Charlotte, ex suora di clausura è sconvolgente

e scioccante, ma fornisce informazioni importanti sul peggio della vita

in convento e sugli svolgimenti della chiesa cattolica romana.

Essa si aggiunge ad

altri resoconti come: "Monaca Maria" e "Il martire in nero: la storia

della vita di Sorella Giustina", e alle testimonianze di ex preti, come:

Chiniquy, The Priest, the Woman and the Confessional),

(Il Prete, la Donna e la Confessione) 

Fresenborg (Thirty Years in Hell),

(Trenta Anni all’Inferno)

Hogan (Auricular Confession and Popish Nunneries).

(Confessione Auricolare e Conventi Papastici)

La testimonianza dell’ ex suora Charlotte può sembrare incredibile,

se non si conosce la storia della religione della religione cattolica romana

 

LA TESTIMONIANZA DI SORELLA CHARLOTTE

 

Innanzi tutto vorrei dirvi che non ho odio nel mio cuore verso i credenti della chiesa cattolica romana.

Non potrei essere cristiana se avessi ancora dell'amarezza nel cuore.

Dio mi liberò da ogni amarezza e da ogni lotta in un giorno, diventando con la potenza dello Spirito Santo reale nella mia vita.

Rendo dunque questa testimonianza perché dopo avermi salvata,

Dio mi liberò dal convento, dalla schiavitù e dalle tenebre.

 

Il Signore mi disse nel cuore di dare questa testimonianza così che

gli altri potessero venire a conoscenza della vita in convento.

Non amo le cose che quelli della chiesa cattolica fanno, e non sono d'accordo con i loro insegnamenti, ma desidero che le loro anime possano ritornare a Gesù.

Io credo che Gesù andò al calvario e morì affinché voi e io potessimo conoscerLo. Le anime dei credenti della chiesa cattolica romana sono preziose proprio quanto la vostra e la mia.

 

Sono nata e vissuta in una famiglia cattolica, non conoscendo la parola

di Dio perché non avevamo una bibbia in casa nostra e non avevamo

mai sentito parlare del meraviglioso piano di salvezza del Signore.

E così crebbi conoscendo solo il catechismo e gli insegnamenti della chiesa cattolica romana.

 

Siccome amavo il Signore volevo fare qualcosa per Lui, desideravo dargli la mia vita. Non conoscevo un altro modo mediante il quale una ragazza cattolica potesse dare la sua vita a Dio,

se non quello di entrare in convento, e andare al confessionale dove, naturalmente, si è sotto l'influenza del padre-confessore,

il prete della chiesa cattolica romana.

 

Sotto la sua influenza e quella di uno dei miei insegnanti della scuola parrocchiale, un giorno, decisi di voler diventare suora.

All'epoca pensavo di diventare una suora dell'ordine libero,

e all'età di sedici anni e mezzo fino al momento di prendere

il velo tutto mi sembrava meraviglioso.

Non avevo nessun timore nel mio cuore.

Tutto ciò che mi era stato insegnato sembrava coincidere con gli insegnamenti che avevo ricevuto in chiesa prima di entrare in convento.

 

Così un giorno, dopo essermi decisa ad entrare in convento - ricordo quel giorno particolare - due suore, mie insegnanti mi accompagnarono a casa. Arrivata a casa mia, vidi che c’era anche il nostro padre-confessore.

Mi avvicinai a mio padre e gli dissi:

"Papà, voglio entrare in convento".

Le mie parole destarono immediatamente l'interesse del prete,

che già da tempo stava influenzandomi nella scelta.

Mio padre si commosse e cominciò a piangere, non per tristezza,

ma per la grande gioia.

 

Mia madre venne e mi abbracciò, e anche lei pianse.

Era molto felice. Le sue non erano lacrime di tristezza, perché pensava che la sua bambina stava entrando in convento per pregare per l'umanità perduta. La mia famiglia fu entusiasta della mia decisione.

Entrai in convento dopo un anno dopo che mi ero preparata.

 

LA SCUOLA DEL CONVENTO

 

Siccome non c'era un posto nel convento vicino alla casa dei miei genitori, mi mandarono in uno che si trovava  a più di mille chilometri da casa. Avevo quasi 13 anni. Ero solo una ragazzina.

Ora, guardando indietro, mi ricordo della nostalgia di casa.

Ne soffrii molto; mia mamma e mio papà erano stati con me tre giorni

e poi se n'erano andati.

Era naturale che soffrissi di nostalgia;

ero solo una bambina lontana da casa.

 

Da piccola non avevo mai passato una notte lontana da mia mamma,

e non ero mai andata in alcun posto senza la mia famiglia.

C'era un forte legame nella nostra famiglia e io mi sentivo molto sola

e sentivo la loro mancanza.

Ma non dimenticherò mai il momento in cui, dopo che mia mamma

mi aveva salutato avevo pensato nel cuore:

"Non li vedrò mai più!".

Non avevo idea che le cose sarebbero andate così perché avevo deciso di essere una suora normale. Ma, se ascoltate attentamente la mia testimonianza, capirete perché sto dicendo queste cose.

 

All'età di sette anni andavo al confessionale.

Quando entravo in chiesa, mi inchinavo ai piedi del crocifisso o piuttosto alla vergine Maria e le chiedevo di aiutarmi a fare una buona confessione, perché il mio cuore era sincero.

Il prete ci aveva sempre insegnato a fare una buona confessione e non dovevo nascondere nulla.

Dovevo dire ogni cosa se volevo l'assoluzione da ogni peccato che potevo aver commesso.

Così pregavo la vergine Maria affinché mi aiutasse a fare una buona confessione. Poi, chiedevo lo stesso a Gesù.

 

Avevo appena finito le scuole medie e mi avevano promesso che dopo aver vissuto in convento avrei avuto un'educazione di scuola superiore

e poi il college.

Ma in realtà ebbi essenzialmente un'educazione di scuola superiore che mi fu impartita sotto delle terribili difficoltà e con molti sforzi.

Fu molto dura, ma mi avevano dato un'istruzione, e lo apprezzo moltissimo.

Dopo l'istruzione dovetti attraversare il periodo cruciale per diventare una giovane iniziata per entrare in convento.

L'addestramento per diventare suora è davvero fuori del comune e ti rendi conto di cosa significa solo dopo che ci sei passata.

 

La mia vita in convento; voglio dirvi come vivevamo, cosa mangiavamo,

come dormivamo, in modo che possiate avere un quadro dettagliato della

vita in convento. 

Quasndfo avevo quattordici anni e mezzo, la madre superiora venne

da me e cominciò a parlarmi del Velo Bianco.

Mi disse che prendendo il velo avrei sarei diventata sposa di Gesù Cristo.

Ci sarebbe stata una cerimonia e sarei stata vestita con abiti nuziali.

E in quella particolare mattinata mi dissero che alle nove in punto

mi avrebbero vestita da sposa. La madre superiora scrisse a mio padre, dicendogli di mandare il denaro per l’abito nunziale.

 

Mio padre mandava tutto quello che lei chiedeva,.

Un'altra suora andava a comprare la stoffa per l'abito da sposa che poi venita cucito dalle suore del convento.

In questo periodo ero ancora nell'ordine libero.

Vi starete chiedendo se la madre superiora spendeva

tutti i soldi per l'abito da sposa.

In quel momento non lo sapevo, ma dopo aver vissuto in convento

mi resi conto che lei poteva chiedere a mio padre centinaia di dollari

e lui glieli mandava.

Per l'abito, avrebbero speso un terzo dei soldi tenendosi il resto,

senza che mio padre ne sapesse nulla. Non lo sapevo nemmeno io finché, a distanza di tempo, dovetti cucire io stessa alcuni abiti da sposa,

e quindi mi resi conto dell'ammontare dei soldi incamerati perché ero

una delle suore più "anziane".

 

Percorsi il corridoio vestita con l'abito da sposa e mi soffermavo davanti alle quattordici stazioni della croce – la via crucis, ma dopo essermi decisa a prendere il velo bianco, non feci più quel percorso a piedi.

Volevo essere degna di Gesù. Volevo essere santa per diventare la sposa di Gesù Cristo, così in ginocchio strisciavo davanti alle quattordici stazioni. Il percorso era lungo, ma lo facevo ogni venerdì mattina.

Sentivo che mi avrebbe resa più santa. Sentivo che mi avrebbe avvicinata di più a Dio. Mi avrebbe resa degna del grande passo che stavo per compiere. Ed era ciò che volevo più di ogni altra cosa al mondo.

 

Vorrei che imprimate bene nel vostro cuore tutto quello che so su ogni

ragazza che entra in convento.

Desidera vivere per Dio. Desidera dare il suo cuore, mente, e anima a Dio. Moltissime persone dicono che solo le donne empie vanno in convento. Non è vero.

Ci sono attrici che vanno in convento dopo avere vissuto peccatrici nel mondo. Ma quando entrano in convento sono donne.

Sanno cosa stanno facendo. La chiesa cattolica romana le fa entrare

in convento perché riceverà da loro, non solo migliaia, ma milioni di dollari. Non importa chi siano le persone che entrano in convento se possono ricavare molti soldi da loro. Ma l’ordinaria ragazza

và lì con purezza di cuore, mente e animo.

 

Vi chiedo di ascoltarmi con attenzione di quando diventiamo spose

di Gesù Cristo. Le suore, a quel punto, vengono considerate sposate. Dico, sposate con Gesù Cristo. I preti insegnano a ogni ragazza che prende il velo che diventerà sposa di Cristo. Il prete le insegna a credere che i suoi cari saranno salvati e non ha nessuna importanza quante rapine in banca possono aver compiuto o quanti negozi abbiano svaligiato,

se bevono, fumano e gozzovigliano e facendo tutti gli altri peccati peccatori.

 

La famiglia della giovane sorella - dicono - sarà salvata se lei vivrà sempre in convento e darà la vita al convento o alla chiesa. In questo modo molte bambine sono influenzate e adescate ad entrare in convento.

A volte anche nelle famiglie cattoliche i figli  commettono terribili peccati, quindi, ogni ragazza che entra in convento spera che il suo grande sacrificio serva per la salvezza dei suoi amati, del madre e padre.

E, naturalmente, essendo solo delle bambine non sono mature

abbastanza da rendersi conto di ciò che veramente viene loro insegnato.

 

È così facile instillare idee nei loro cuori e nelle loro menti, e i preti

sono dei veri maestri in questo. In quanto al mio prete, il nostro

padre-confessore, lo consideravo come Dio. Il prete era il solo dio di cui

sapevo qualcosa, e ai miei occhi era infallibile. Non pensavo che potesse

peccare. Non pensavo che mentisse. Non pensavo che avesse mai sbagliato. Lo vedevo come il più santo dei santi perché non conoscevo Dio, ma conoscevo

 

il prete cattolico romano, e mi rivolgevo a lui per tutto quello che chiedevo

a Dio. Credevo che il prete potesse darmi queste cose.

 

E così venne il giorno in cui tutte noi, dopo aver preso il velo bianco

(vi prego di ascoltare attentamente) consideravamo ogni cosa meravigliosa.

Avevo 16 anni e mezzo.

Tutti erano buoni con me, vivevo

nel convento e non avevo ancora visto niente perché nessuna ragazza

è soggetta al prete cattolico prima dei 21 anni.

Il nuovo voto viene tenuto nascosto fino a che non abbiano preso il velo nero, e poi è troppo tardi. Non si ha la chiave delle doppie porte,

e non c'è modo di uscire.

 

I preti cattolici in tutti i paesi dicono che le suore, possono uscire dai conventi quando vogliono. Io ho passato 22 anni lì dentro.

Ho tentato in mille modi di uscire. Ho scavato la terra nei sotterranei con cucchiai, perché non c'è pavimentazione in quei

posti, ma non sono mai riuscita a uscire dal convento.

Quando usavamo le vanghe per dei lavori pesanti che dovevamo fare, eravamo tenute d'occhio da due suore anziane affinché non usassimo quelle vanghe per scavare una via d'uscita.

 

E comunque non saremmo andate molto lontane perché i conventi sono costruiti in modo tale che

le suore NON possano scappare.

Questo è l'obiettivo che si sono prefissi nel costruirli, e non c'è alcuna

via d'uscita se Dio non ne crea una. Ma credo che Dio stia preparando

una strada per molte ragazze che riescono ad uscire dal convento.

 

UN NUOVO TIPO DI VOTO

 

Avevo 18 anni quando la madre superiora cominciò a parlarmi - desiderai di vedere oltre il mio velo bianco.

Volevo essere una suora infermiera per la chiesa cattolica romana.

Un giorno mi chiamò nel suo ufficio: "Charlotte, hai un corpo vigoroso. Credo che tu abbia buone possibilità di diventare una buona suora,

una suora di clausura.

Credo che tu sia il tipo di persona che è disposta

ad abbandonare la propria casa, madre, padre, tutti quelli che ami nel mondo e il mondo intero (per così dire) e nasconderti dietro

le porte del convento, perché credo che tu sia il tipo che vuole sacrificarsi a vivere in estrema povertà in modo da poter pregare per l'umanità perduta".

 

"Credo che tu sia il tipo di persona disposta a soffrire".

 

Il prete ci insegnava a credere che i nostri amati che sono già in purgatorio saranno liberati prima grazie alle nostre sofferenze.

La madre superiore sapeva già che io ero disposta a questo.

Non mormoravo.

Non mi lamentavo.

Lei sapeva tutto ciò e osservava la mia vita,

e per questo motivo cominciò a parlarmi del velo nero.

E ovviamente, io non sapevo molto sulle monache di clausura.

Non conoscevo la loro vita. Non sapevo dove vivevano.

Non sapevo cosa fanno.

Oggi giorno, viaggio molto, e sento dire da tanti cattolici:

 

"Sono stato in tanti conventi, so tutto di loro".

Non sapete che i cattolici sono autorizzati a mentire senza dover confessare la bugia, quando si tratta di una menzogna detta per proteggere la loro fede?

Essi possono raccontarvi qualunque bugia per proteggere la loro fede

e non dover per questo andare mai al confessionale.

 

E possono fare di peggio. Possono anche rubare fino a 40 dollari senza doverlo dire al prete. Non sono tenuti a confessare il loro furto.

Questo è ciò che viene loro insegnato.

Ogni cattolico lo sa, e sareste inorriditi se sapeste quanti di loro fanno queste cose. Ho avuto a che fare con centinaia e centinaia di loro.

Poi li ho visti gettarsi davanti all'altare

e implorare Dio di salvarli.

Quando Dio convince il loro cuore, allora vogliono ritornare a Lui.

La cosa più triste è che i credenti cattolici non possono conoscere Dio perché Dio non condona il peccato.

 

La madre superiora mi disse: "Charlotte, devi essere disposta a versare

il tuo sangue come Gesù sul calvario. Devi essere pronta a fare penitenza, molta penitenza. Devi essere disposta a vivere in grande povertà".

 

Stavo già vivendo in povertà, ma pensavo che quello che mi stava

proponendo mi avrebbe resa più santa, avvicinata a Dio e sarei diventata  una suora migliore.

E così fui disposta a vivere in quel tipo di povertà.

Quella stessa mattina, la madre superiora mi disse cosa avrei dovuto indossare e mi disse: "Passerai nove ore in una bara",

e mi spiegò diverse cose. Questo era tutto ciò che sapevo e non lo vidi

in pratica fino a quando non presi il velo bianco.

 

Avevo 21 anni. Ma 60 giorni prima di aver compiuto 21 anni,

dovetti firmare alcuni documenti: dovevo attestare

di rinunciare a qualsiasi eredità dopo la morte della mia famiglia e dare tutto alla chiesa cattolica romana.

Generalmente i preti della chiesa cattolica romana adescano le ragazze non per la loro formazione, vigore, intelligenza, forte volontà,

ma quelle i cui genitori sono ricchi.

Perché?

Perché quando la giovane entra in convento,

essi si prendono tutti i suoi soldi.

 

Quella stessa mattina stessa dissi alla madre superiora:

"Vorrei prendermi del tempo per pensarci sopra".  

Dopo un paio d'anni un giorno andai da lei e dissi:

"Desidero nascondermi dietro le porte del convento perché credo che così potrei dedicarmi di più a Dio.

Potrei pregare di più".

 

NOVE ORA IN UNA BARA

 

Credevo di essere in grado di potermi infliggere più dolore perché

ci insegnavano a credere che Dio ci sorride dal cielo quando soffriamo

e facciamo delle penitenze.

E io pensavo che fosse vero.

Spesso dico: "Se solo guardi nel cuore di quelle piccole suore,

se veramente sei cristiano griderai immediatamente a Dio di salvarle".

Ai miei occhi sono pagane.

Non ha nessuna importanza l’educazione ricevuta, sono ancora pagane. Non conoscono nulla di Cristo, non sanno niente della salvezza.

E vivono come eremiti nel loro convento.

 

Quella mattina percorsi nuovamente il corridoio... Sebbene non possa mai sufficientemente entrare in dettagli da farvi capire appieno la situazione, quella mattina percorrevo il corridoio,

ma stavolta non avevo l'abito da sposa.

Avevo un velo da funerale.

Era fatto di velluto rosso scuro, lungo fino a terra.

Camminavo, e sapevo quello che stavo facendo.

La bara era già stata costruita dalle suore del convento usando

delle tavole molto rozze.

 

Si trovava proprio lì e sapevo che avrei dovuto

entrarci, stendermi lì dentro e restarci per nove ore.

Due piccole suore mi coprirono con un pesante drappo nero talmente spesso da farmi quasi soffocare a morte.

E io dovevo restare lì.

Sapevo che quando sarei uscita dalla bara non avrei potuto mai più lasciare il convento.

Non avrei mai più visto mia madre e mio padre.

Non sarei mai più potuta andare a casa.

 

Avrei dovuto vivere per sempre dietro le porte del convento

e quando sarei morta mi avrebbero sepolto lì.

Me lo avevano detto prima, quindi sapevo a cosa andavo incontro.

È un gran prezzo da pagare, solo per scoprire poi che i conventi non sono ordini religiosi come ci avevano insegnato durante

l'addestramento.

 

È una vera delusione per una giovane che ha desiderato di dare la sua vita a Dio, ed è stata pronta a lasciare ogni cosa

e a sacrificare così tanto. Vi assicuro, fu una vera delusione.

Così passai nove ore lì dentro.

Vi chiederete: "Cosa hai fatto mentre giacevi in quella bara?"

 

RICORDANDO CASA

 

Cosa pensate che abbia fatto?

Versato tutte le lacrime che avevo.

Per quale motivo?

Per amore di Dio, credevo e sapevo.

Vi assicuro che furono nove lunghe ore.

Riuscii a farmi animo pensando: "Charlotte, diventerai una delle migliori suore carmelitane!" Per tutto quello che ho fatto,

anche ora che non sono più in convento, cerco di dare

il meglio di me.

Cerco ogni cosa amorevole che mia mamma aveva fatto per me.

 

Ho ricordato la sua voce. 

Ho ricordato quando ci riunivamo attorno al tavolo.

Ho ricordato le volte in cui lei pregava con noi.

Ho ricordato le cose che mi diceva.

Ho ricordato che cuoca meravigliosa era.

 

Ricordai tutto ciò che avevo fatto a casa.

Giacendo in quella bara, sapendo che non avrei mai più ascoltato

la sua voce e non avrei mai più visto il suo volto.

Non avrei mai più goduto i bei momenti insieme a lei.

Passai quelle ore versando tutte le lacrime che avevo per il dolore

e la nostalgia.

Quanto avrei voluto rivedere mia mamma un giorno,

ma avevo acconsentito a rinunciare. In convento davo il meglio

di me stessa. Volevo essere la migliore suora.

La madre superiora lo sapeva e, siatene certi,

lo sapevano bene anche i preti.

 

FIRMA CON IL SANGUE

 

Mi resi conto che, una volta uscita dalla bara, mi avrebbero messa

in una stanza lì vicino. La chiamavamo la stanza della madre superiora.

Non ero mai stata lì, quindi non sapevo cosa contenesse.

Ma quando vi entrai, la madre superiora mi fece sedere

su una sedia dura, schiena diritta e dovetti fare immediatamente

i voti di povertà, castità, e ubbidienza.

Mentre facevo i voti, mi forò il lobo di un orecchio per prelevarmi il sangue, con il quale avrei dovuto firmare i tre voti.

 

Il voto di povertà consisteva nel vivere in estrema povertà per tutta

la mia vita. Noi suore iniziate non sapevamo com'era quella povertà.

Il voto della castità, immagino che sappiate cosa significa.

Mi era stato insegnato a credere che ero sposata a Gesù Cristo.

Ero sua moglie.

 

Avrei dovuto rimanere per sempre vergine.

Non mi sarei mai dovuta più sposare legalmente in questo mondo perché ero diventata la sposa di Gesù Cristo. Dopo che il vescovo mi ebbe sposata a Cristo, mi mise l'anello al dito come sigillo dell'unione con Cristo. Ero sposata, e lo accettavo perché così mi era stato insegnato.

Vi prego di ascoltarmi con attenzione.

Era giunto il momento del mio ultimo voto, quello dell'obbedienza. Firmando quel voto, vi assicuro che sapevamo già cosa significava ubbidienza assoluta.

 

Dunque, cosa significava accettare quei voti in quel modo?

Ve lo spiego, perché la maggior parte delle persone sanno ben poco sull'ubbidienza.

Vi assicuro che non saprete mai cosa significa ubbidienza per una suora, se voi stessi non vivete in convento.

Quel voto in particolare e con le firme col mio stesso sangue avevo appena rinunciato a tutto quello che avevo: i miei diritti umani.

 

Ero diventata un essere umano robot. Non potevo sedermi se loro non

me lo dicevano.

Non dovevo osare alzarmi se loro non me lo permettevano.

Non potevo stendermi se non me lo dicevano loro.

Non potevo mangiare finché non me lo dicevano loro.

E se vedevo qualcosa, non l'avevo visto.

Se sentivo qualcosa, non l'avevo sentito.

Se provavo qualcosa, non l'avevo provato.

Ero un burattino nelle loro mani, ma non me ne resi conto prima di aver firmato quei tre voti. Allora realizzai: "Di essere un robot".

Naturalmente appartenevo ora a Roma, era fin troppo chiaro.

 

Dopo quei voti diventavamo donne dimenticate nel convento.

Tra pochissimo capirete di cosa sto parlando.

Subito dopo i voti, la madre superiora mi diede - anzi, mi tolse il mio nome e mi diede quello di un santo patrono.

Mi insegnò a credere che qualunque cosa mi sarebbe accaduta nel convento, avrei potuto rivolgere le mie preghiere a quella santa e lei avrebbe interceduto portando le mie preghiere a Dio, perché io non

ero abbastanza santa per stare alla presenza di Dio.

 

Non c'è da meravigliarsi che le care piccole suore non possano mai avvicinarsi abbastanza a Dio.

Ci insegnavano sempre che non eravamo abbastanza sante per stare

alla Sua presenza e dovevamo passare tramite qualche santo per far arrivare la nostra preghiera a Dio.

E noi gli credevamo perché non sapevamo come stavano realmente

le cose. Ogni riferimento a chi fosse Charlotte era sparito.

Se qualcuno fosse venuto al convento e chiesto di Charlotte,

vi avrebbero detto che non c'era nessuno lì con quel nome.

Per la chiesa cattolica romana non esisto più, anche se sono qui proprio ora, perché sto scrivendo sotto uno pseudonimo.

 

La madre superiora mi tagliò i capelli con la macchinetta. Intendo dire

che ero completamente rasata. Non avevo più capelli in testa.

Ora capite per quale motivo esse portano quei pesanti copricapi

in testa - perché è scomodo prendersi cura dei capelli.

Non esistono pettini in convento.

Questo era il mio velo nero, i miei voti perpetui.

Ero lì e sarei rimasta lì.

 

Fino a quel periodo, una volta al mese ricevevo una lettera dalla mia famiglia e rispondevo, sebbene sapevo bene che avrebbero cancellato gran parte della mia lettera: Infatti, tutte le lettere della mia famiglia erano state talmente coperte di nero da rendere le parole incomprensibili,

e io piangevo addolorata per le cancellazioni.

Mi chiedevo cosa stesse cercando di dirmi mia madre, ma non avrei mai potuto saperlo a causa della censura.  In questo ti spezzavano il cuore molte, moltissime volte e ti sentivi sola perché non avevi amici in convento.

 

Nessuna suora era mia amica e né potevo esserlo io, perché in convento non eravamo autorizzate ad essere amiche.

Eravamo tutti come poliziotti  sorvegliandoci a vicenda. La suora che

ha qualcosa da dire su un’altra suora, viene guardata di buon occhio dalla madre superiora.

La madre superiora insegna alla suora che quando è ben vista da lei,

è ben vista da Dio. Ovviamente, la suora vuole essere in quello stato

di grazia e comincia a dire tante cose, anche non vere,

sulle sue consorelle.

 

Ogni cosa che avevo mi era stata tolta. Avevo, per così dire, venduto

la mia anima per quel caos di minestrone teologico.

Noi suore non eravamo distrutte solo nei nostri corpi, ma molte di noi anche nella mente.

E per molte di noi, morire in convento significava aver perso l'anima.

È una situazione così seria che vi supplico di pregare per quelle suore recluse dietro le porte dei conventi.

 

Non hanno mai ascoltato il Vangelo.

Non hanno mai conosciuto il Cristo che voi credenti conoscete.

Non lo pregheranno mai come voi lo pregate.

Non sentiranno mai la Sua benedizione come voi la sentite.

E per questo, ricordatele nei vostri cuori e pregate Iddio per loro.

Hanno un grande bisogno delle vostre preghiere.

 

UN ASSALTO OLTRAGGIOSO

 

Dunque, dopo aver preso i voti, non sapevo cosa sarebbe accaduto nell'altra stanza. Avevo preso il voto di castità, e che non dovevo più sposarmi, perché ero la sposa di Cristo.

La madre superiora mi condusse in un'altra stanza,

anzi, aprì la porta e mi disse di entrare.

E lì, vidi qualcosa che non avevo mai visto prima.

Un prete della chiesa cattolica romana in abiti sacri.

Si diresse verso di me e mi bloccò un braccio con il suo braccio,

cosa che non aveva mai fatto durante la prima parte della mia vita

in convento.

 

Non ero mai stata insultata da un prete in alcun modo.

Non erano mai stati neppure sgarbati con me nel primo periodo

in convento.

Ma ora era qui, e non capivo cosa intendesse fare

e non sapevo che cosa volesse da me.

Allora, tirai indietro il mio braccio perché mi sentii enormemente

insultata, e gli dissi: "Si vergogni!"

 

Ciò lo rese molto adirato per un minuto, dopodiché la madre superiora dovendo aver sentito la mia voce entrò

e disse: "Oh", (e mi chiamò con il mio nome da suora),

"dopo che sarai stata per un po' nel convento non la penserai più così.

Tutte noi facevamo come te all'inizio, ma sai, il corpo del prete

è santificato, e quindi non è peccato donare ai preti i nostri corpi".

 

In altre parole, insegnano a ogni suora che come lo Spirito Santo fece nascere Gesù Cristo dal grembo di Maria, così il prete essendo lo Spirito Santo non è un peccato portare in grembo i suoi figli.

E, consentitemi di dirvelo, è proprio per questo che sono entrati

in convento.

I preti entrano in convento per violare queste preziose ragazze derubandole della loro virtù.

 

Non c'era modo di tornare indietro. Non potevo uscire dal convento nonostante le mie suppliche. Oh, quando implorai quel prete!

"Mandate a chiamare mio padre, voglio tornare a casa! Non voglio andare oltre". Ed è allora che ti accorgi di essere sola. Non sai a chi rivolgerti

e vivrai nel convento perché non c'è modo di uscire.

Vi assicuro che se Dio non avesse provveduto una via per farmi uscire

da lì, sarei rimasta in quel convento.

 

La mia corrispondenza fu interrotta.

Non mi fecero più avere la lettere della mia famiglia.

Neppure una. Appartenevo al Papa.

Appartenevo a Roma.

E allora, dopo tutto questo, la madre superiora e i voti, il prete mi invitò

ad andare nella camera delle nozze.

Direte: "Ci sei andata?"

No.

Decisamente no.

 

Non ero entrata in convento per essere una prostituta.

Sarebbe stato molto più facile vivere fuori dal convento

se volevo essere una donna di facili costumi.

Non avevo preso il velo, vissuta in povertà e avevo subito

e sofferto per poi essere una donna empia.

 

Nessuna ragazza lo farebbe; sarebbe più facile stare fuori dal

convento e vivere da peccatrice, ma ero andata lì per dare la mia vita

e il mio cuore a Dio e quello era l'unico scopo.

Ed ora ecco il prete, e ovviamente io non andai nella camera con lui. Avevo un corpo vigoroso allora. Uno di noi due si sarebbe fatto male perché avrei combattuto all'ultimo sangue. Comunque si adirarono moltissimo perché non avevo acconsentito a concedere il mio corpo al prete.

 

Dovere funebre, una regola infranta, quindi punizione nelle segrete stanze.

Dovevo fare penitenza e sarebbe stata molto dura a causa di quello che avevo fatto.

Quando il mattino seguente, la madre superiora disse: "Andiamo a fare penitenza", stavo ricevendo l'iniziazione come suora carmelitana.

Ricordo quando mi fece scendere in un luogo buio.

Ricordo che prima del velo nero ero vissuta al primo piano.

Dopo il velo nero, mi fecero andare a vivere al piano sottoterra.

E vissi lì, nel sottosuolo, finché Dio non mi liberò.

 

Il luogo buio era molto freddo e tenebroso.

Procedevamo accanto alla madre superiora, finché vedemmo delle piccole candele accese.

Ovunque nel convento si trovavano sette candele accese.

Vedendo le candele mi chiesi: "Cosa vuole farmi?"

I nostri cuori tremavano dalla paura.

 

Poi vidi qualcosa su una tavola. Non potete immaginare la sorpresa quando mi accorsi che si trattava di una giovane suora.

Le fiamme delle candele proiettavano una luce tremolante sul suo volto:

"Questa ragazza è morta!"

Quanto volevo chiedere, "Com'è morta?

Perché è qui?

Da quanto tempo la tenete qui sotto?"

 

Ma, come ricorderete, avevo rinunciato a ogni

diritto umano e così non potevo dire una sola parola,

solamente a guardare.

La madre superiora mi disse: "Veglia su questo cadavere per un'ora". Dopo un’ora una piccola campanella suonava e un'altra suora veniva

a prendere il mio posto. Mi era stato detto di camminare ogni tanto davanti a quel piccolo corpo spruzzando acqua santa e cenere dicendo:

"Pace a te". E io feci esattamente così.

 

Oh, fu una sensazione terribile! Non ho paura dei

morti. È dei vivi che bisogna guardarsi.

Non avevo paura della suora morta, ma, oh, quanto soffriva il mio cuore per lei! E la suora venuta

a sostituirmi giunse in punta di piedi.

Nessun rumore è consentito

in convento, e nessuno parla.

Ero piena di terrore.

Quando la suora

mi toccò la spalla, lanciai un grido, un terribile grido di paura, pura paura.

Non volevo farlo.

Non infransi le regole volontariamente, ero soltanto spaventata.

 

Immediatamente, dovetti seguire la madre superiora e fu allora che venni

a conoscenza per la prima volta delle segrete prigioni sotterranee.

Non mi avevano detto che esistevano delle segrete prigioni sotterranee

nei sotterranei del convento.

Rimasi in quel luogo sporco e buio senza pavimentazione per tre giorni

e notti senza cibo né acqua, e vi assicuro che non gridai più.

Cercai con tutte le mie forze di non infrangere più

le regole, perché sapevo che c'erano le prigioni sotterranee,

e non volevo finirci. Non era affatto un bel posto.

Solo dopo che ci sei stata puoi capire che cosa significhi esserci rinchiusa.

 

Prima di continuare voglio dire: il Papato è il capolavoro

di Satana. È il capolavoro di Satana con le sue meraviglie false,

le sue tradizioni e i suoi inganni. È una cosa orribile quando

si viene a conoscenza.

 

Mi disse di nuovo: "Charlotte, dovrai fare penitenza" (non il mattino successivo, ma dopo i tre giorni e notti nei sotterranei). Così il quarto,

il quinto mattino mi diceva sempre: "Dovrai fare penitenza".

 

Mi condusse giù in un'altra stanza; non la stessa. Questa volta vidi

un grande pezzo di legno ma non sapevo cosa fosse, ma guardandola

da vicino mi accorsi  che era una croce, fatta di legno massiccio,

alta approssimativamente tra i due metri e mezzo e i tre metri, molto pesante. Era appoggiata su un piano inclinato.

La madre superiora mi fece andare ai piedi della croce e poi mi disse:

"Ora spogliati".

Mi spogliai fino alla vita.

 

Poi mi fece piegare il corpo sulla parte bassa della croce,

mi tirò le mani sotto la croce e le legò ai miei piedi.

Era lì che avrei dovuto versare il mio sangue.

Lei non mi aveva detto come, né io potevo chiederglielo.

La madre superiora diede alle due suore che erano venute con lei una frusta da flagellazione, fatta di una lunga pertica di bambù alla quale

erano attaccate sei lunghe cinghie.

 

Alla fine di ogni cinghia c’era attaccato un pezzo di metallo affilato.

Le due suore piazzandosi ai due lati della croce incominciarono a fustigarmi. Quando il metallo colpiva il mio corpo portava via la pelle

e la carne e abbondante sangue scorreva giù a terra.

Questa era la mia flagellazione, dove avrei versato il sangue come

Gesù al calvario.

Che dolore! 

 

Dopo la fustigazione, non mi lavarono. Mi rimisero addosso gli abiti

e mi fecero andare a riposare. Oh, non potei dormire quella notte!

Non ero riuscita a togliermi da dosso i vestiti che si erano attaccati

alle ferite e fu terribile.

Non potei toglierli per diverse notti. Vi assicuro che all'ora di mangiare

non riuscivo a prendere la tazza di caffè.

 

NOVE GIORNI DI PENITENZA

 

Al mattino ci davano una tazza di caffè nero e non potevamo avere

né latte né zucchero, ma ci davano un pezzo di pane, fatto dalle suore

del convento. Lo pesavano loro, quattro once (113 grammi).

Questo è tutto quello che ci davano per colazione.

Nel pomeriggio, ci davano una scodella di minestra di vegetali cotti,

senza nessun condimento, e mezzo pane.

 

Tre volte alla settimana ci davano mezzo bicchiere di latte scremato. Questa era la nostra alimentazione per 365 giorni all'anno. Inominciai

a perdere peso molto rapidamente, perché non avevo abbastanza cibo

da mangiare. Non conoscevo un giorno che non andavo a letto con

lo stomaco vuoto. A volte non riuscivo a dormire per la fame.

 

E dovevamo lavorare duramente tutto il giorno. Vi imploro di pregare per

le suore di clausura, hanno molto bisogno delle vostre preghiere.

Questa notte andrete a dormire con lo stomaco pieno, ma pensate a loro. Sono affamate, malate, ferite, e angosciate, afflitte, soffrono di nostalgia, scoraggiate e nessuna speranza. Nessuna speranza.

Voi e io aspettiamo il giorno in cui vedremo Gesù. Ma loro non hanno alcuna speranza e spero ardentemente che non dimenticate di pregare

per loro. Era terribile, ve lo assicuro.

 

Dopo qualche giorno, la madre superiora mi prese con sé per un'altra iniziazione. Avevamo attraversato un tunnel, poi arrivammo in una stanza

e superammo una ringhiera.

Vidi le solite candele accese e delle corde pendenti dal soffitto.

Oh, come ero spaventata! Dopo le altre due penitenze, incominciava

ad avere molta paura. Cosa servivano quelle corde appese al soffitto?

 

La madre superiora mi disse: "Mettiti contro quel muro".

Feci come mi aveva detto.

Poi mi disse di alzare i pollici e tirò una corda alle quale era attaccata saldamente una fascia di metallo che lei ebbe cura di chiudere

attorno all'articolazione di un pollice.

Poi tirò un'altra corda e  allo stesso modo l’attaccò all'altro pollice.

Mi stava tirando su, e quando rimasi in punta di piedi,

quando solo le dita dei miei piedi potevano toccare il terreno,

si fermò.

 

Ero lì, appesa.

Tutto il peso del mio corpo gravava sui miei pollici legati alle corde

e sulle dita dei miei piedi. Non dovevo dire una parola.

Nessuno fiatava.

Lei uscì dalla stanza e chiuse a chiave la porta.

Sapete cosa significa essere in quel modo e sentire chiudere

a chiave la porta?

Solo una suora può saperlo.

E non sapevo quanto a lungo sarei rimasta lì, per quanto tempo mi avrebbe lasciato in quelle condizioni.

Nessuno venne a darmi del cibo.

Non mi portarono acqua.

E io pensai: "È così? Morirò così, qui dentro?".

 

Nel giro di qualche ora i miei muscoli cominciarono a farmi un male lancinante. Stavo soffrendo. E quella donna mi lasciava appesa.

Nessuno si avvicinava.

A che mi sarebbe servito gridare?

Potevo versare tutte le lacrime che avevo in corpo.

Nessuno poteva sentirmi.

A nessuno importava quante lacrime versavo.

Ero sola appesa lì. 

"Morirò senz'altro", pensai, "se non vengono a prendermi

e a portarmi fuori di qui in fretta!".

E mi sentii come se stessi gonfiandomi.

 

Non so quanto tempo passò prima che la madre superiora

aprisse la porta e mi fece dare da mangiare delle patate,

che però non erano più commestibili,  e da bere dell’acqua

messo su uno scaffale lungo il muro.

 

Come avrei dovuto fare a prendere quel cibo?

La madre superiora non mi aveva liberato le mani.

Ma questa era la lezione che dovevo imparare.

Avevo fame e così assetata che mi sembrava di impazzire.

Mi accorsi che alzando una mano e la relativa corda,

l'altra scendeva un po'.

E se riuscivo a piegarmi, l'altra corda saliva.

 

Per prendere un po' d'acqua e cibo dovetti fare come i cani

e i gatti. Bevvi leccando l'acqua più che potevo.

E per prendere le patate? Mi sforzai il più possibile

di raggiungerle perché ero affamata.

Intendo affamata davvero!

E mangiai tutto quello che riuscii a raggiungere.

Ma ero ancora affamata.

 

Mi diedero da mangiare in questo modo per i nove giorni che

mi lasciarono appesa.

Restai appesa in quella posizione per tutto quel tempo

e a un certo punto cominciai a gonfiarmi.

Mi sembrava che gli occhi mi stessero uscendo dalle orbite,

le braccia si fossero staccate. Vedevo che le braccia erano

raddoppiate o triplicate di volume.

Sentivo che anche il resto del mio corpo era in quelle condizioni

e mi sentivo come un pallone.

Ero in atroci sofferenze.

 

Quando la madre superiora venne nel nono giorno e staccò

le corde dalle mie dita, mi stesi al suolo.

Non potevo camminare.

Vi assicuro che mi era impossibile.

Fu così per molto tempo.

Due suore mi trascinarono via.

 

Una mi prese all'altezza dei piedi, l'altra alle spalle e mi portarono

in infermeria dove mi stesero su una lastra di legno,

dove tagliarono i miei vestiti. E permettetemi di dirvelo subito,

solo Dio sa che cosa passai! Ero coperta di parassiti e sporcizia.

Questa è la vita delle suore di clausura dietro le porte dei conventi dopo essere state ingannate e disilluse;

questa è la vita che vivono e queste sono le cose che sono costrette

a fare.

E vi assicuro che non c'è proprio niente da ridere.

 

ROUTINE QUOTIDIANA

 

Ricordo che quando vivevo in convento, la mattina dovevamo

ALZARCI alle 4:30 del mattino Quando la madre superiora

suonava una campana sapevamo che avevamo solo cinque

minuti per vestirci.

Una volta non feci in tempo e fui punita severamente,

e potete immaginare che da allora non sbagliai più per tutti gli anni

che rimasi in convento.

 

Quando finivamo di vestirci, dovevamo

cominciare a marciare.

Andavamo dalla madre superiore e ogni mattina

lei ci assegnava un compito.

Poteva trattarsi di strofinare, stirare,

lavare o qualche duro lavoro.

Ma durava un'ora, dopodiché ci riunivamo attorno alla tavola,

dove trovavamo la tazza di caffè e una fetta di pane.

 

Allora, cominciava il duro lavoro.

C'erano, credo, dodici vasche e noi lavavamo usando i vecchi assi. Avevamo vecchi ferri da stiro che si riscaldano sul fornello.

Non sarebbe stato molto difficile se avessimo avuto solo i nostri

vestiti da lavare e stirare, ma i preti portavano grandi pacchi di vestiti, perché li ottengono gratuitamente.

 

E noi dovevano lavare e stirare prima per loro e poi per noi.

Il lavoro era molto duro e le suore non avevano la forza di farlo perché

non avevano abbastanza cibo da mangiare,

cibo per tenere insieme il corpo, la mente, e l'anima.

Le suore di clausura vivono in questo modo.

Eravamo donne senza patria, intendo esattamente quello che ho detto; donne senza patria. Appartenevamo al Papa.

Tutto ciò che volevano infliggere al mio corpo, potevano farlo.

E per quanto gridassi, non faceva alcuna differenza,

perché nessuno mi avrebbe ascoltata..

Il piano è farci morire lì dentro e seppellirci lì.

 

Se andate a visitare un convento normale o di clausura,

portate del cibo per le ragazze che sono rinchiuse lì,

ma fate attenzione con chi vi trovate a parlare.

Se ci andate e raggiungete la parte anteriore dell'edificio,

vedrete una campana.

Ecco cosa dovete fare: premete il bottone che c'è lì vicino

e si aprirà una porta.

 

Vedrete degli scaffali, solitamente tre, dove potrete mettere

il cibo che avete portato per qualcuno che conoscete in quel convento. Magari siete una madre andata a fare visita a sua figlia.

Così, quando quella campana suona,

la madre superiora viene, dietro un grande cancello di ferro nero.

Non puoi andare lì dietro, e ci sono pesanti drappi neri che impediscono

di vedere la madre superiora, però lei ti parlerà attraverso il velo nero. Potresti dirle: "Ho portato dei dolci fatti in casa per mia figlia" e potresti chiedere alla madre superiora di parlare con la giovane suora.

Non potrai vederla, ma potrai parlarle.

 

La madre superiora chiamerà la ragazza, che verrà ma non potrai vederla. Se chiederai alla ragazza: "Cara, sei felice qui?", la suora risponderà: "Mamma, sono molto felice".

 

Ti chiederai: "Perché ha detto così?". Tu non sai che la madre superiora sta lì dietro insieme alla ragazza, e quando il genitore se ne va, se la ragazza ha osato dire troppo, allora Dio solo sa cosa le farà la madre superiora.

Così sono obbligate a mentire ai propri genitori. Per esempio,

se le chiederai: "Hai abbastanza da mangiare?",

lei ti risponderà: "Abbiamo cibo in abbondanza".

 

Sappiate allora che quella mamma andrà a casa sua,

e preparerà un pranzo meraviglioso per il resto della famiglia,

ma se solo potesse vedere dentro il convento e vedere

la nostra tavola e vedere cosa fanno mangiare a sua figlia,

e se potesse guardarla negli occhi dopo che è stata chiusa lì dentro

per quattro anni, vedrebbe solo degli occhi infossati nel cranio.

Vedrebbe il piccolo corpo della ragazza deperito.

Se quel genitore sappesse la verita’ che non riuscirà mai più a mangiare un pranzo a casa sua. Mai più.

 

Non riusciresti più a goderti un altro pasto se potessi vedere tua figlia dopo essere stata per un certo tempo in convento.

Purtroppo tutte queste cose sono tenute nascoste e così le suore devono accettare ciò che gli danno.

 

IL LAVORO NELLA LAVANDERIA

 

La madre superiora e io potevamo essere nella stanza del bucato,

intente a lavare (vi ho detto in che modo lavavamo).

C'era un pavimento in cemento.

E, facendo questo tipo di lavoro, accadeva che dell'acqua finiva

sul pavimento, e magari ci finivamo con i piedi dentro,

e allora veniva la madre superiora; per me vedere la madre

superiora era come vedere un leone affamato lasciato libero.

 

Ero terrorizzata a morte dI lei. Ogni volta che la vedevo sapevo che qualcuno doveva soffrire. Avevamo paura della sua crudeltà.

Aveva il cuore duro come una pietra.

Quando fissava una di noi, ad esempio me, diceva: "Vieni qua".

E io correvo lì come un fulmine, perché avevo paura.

Lei diceva: "Prostrati a terra e lecca tutte le croci sul pavimento".

Era un pavimento di cemento! Allora dovevo prostrarmi,

fare delle grosse croci leccando quel pavimento.

E lei mi fissava, e se si accorgeva che non mi piaceva quello che stavo facendo, diceva: "Dieci". Oppure: "Venticinque".

 

Il mattino seguente poteva ritornare, perché aveva visto dalla mia espressione che non ero stata felice di quello che mi aveva fatto fare.

La mia lingua era dolorante e sanguinava, ma lei mi faceva leccare nuovamente il pavimento.

E facevano lo stesso facendoci strisciare.

Ci obbligavano a camminare strisciando, per esempio percorrendo

il corridoio avanti e indietro per dieci volte.

 

Noi suore non conoscevamo l'amorevole vangelo di Gesù Cristo.

E così dovevamo fare queste cose.

La madre superiora poteva sempre entrare nella nostra cella

[la piccola camera personale di ciascuna suora].

Nella cella, non c'era nient'altro che una statua della Madonna,

con il bambino Gesù in braccio, un crocifisso e un inginocchiatoio.

Vi assicuro che nessuno vorrebbe mai mettersi su un inginocchiatoio come quello.

 

Era un asse con due zone inclinate dove mettere le ginocchia.

Sull’asse c'erano dei fili affilati.

Poi c'era un altro asse con fili affilati dove stendere le braccia. Nell'inginocchiarmi, pregavo per l'umanità perduta e come mi avevano insegnato credevo che con la mia sofferenza mia nonna sarebbe stata liberata dal purgatorio.

Così a volte restavo più a lungo in ginocchio.

Era terribile.

Non sapevamo come stavano realmente le cose, così lo facevamo

e ci credevamo.

 

Ed eccoci di nuovo, chiuse nelle nostre celle.

Ogni notte le porte delle nostre stanze venivano chiuse a chiave,

per impedirci di uscire non solo dal convento, ma anche dalle nostre stanze.

A mezzanotte meno sette minuti (noi andavamo a dormire alle 9:30, quando non c'era più luce), due suore aprivano di nuovo le nostre porte

e andavamo nella cappella interna e pregavamo per un'ora per l'umanità perduta. Non dormivamo molto, non ci davano abbastanza cibo,

 ci facevano lavorare duramente e ci sottoponevano a terribili sofferenze.

 

PERDERE LA RELIGIONE

 

Prima di andare avanti voglio dire che ci era stato insegnato

che versando il sangue (e lo dovevamo fare), fustigarci il corpo, tormentarlo e torturarlo  avremmo avuto 100 giorni in meno

da passare in purgatorio.

Avrete capito che non avevamo alcuna speranza.

Le suore non aspettavano niente.

Dopo aver vissuto in un convento per dieci anni,

realizzavamo che la Vergine Maria è solo un pezzo di metallo,

una statua.

 

Incominciavamo a renderci conto che san Pietro è solo una statua. Incominciavamo a renderci conto che la statua di Gesù è solo

un pezzo di metallo.

In altre parole, al punto di credere che Dio è un dio. morto.

Dopo aver vissuto abbastanza tempo in convento,

dopo aver sofferto a lubngo, dopo esserci gettate ai piedi

di quelle statue e aver versato lacrime su di esse e implorate

di intercedere e portare le nostre preghiere a Dio,

ci rendevamo conto di non ricevere nessuna risposta.

I nostri genitori non avrebbe mai saputo quando saremmo morte.

Chi avrebbe pregato per noi per farci uscire dal purgatorio?

O meglio, chi avrebbe comprato la nostra liberazione dal purgatorio?

 

Dopo essere state a lungo lì dentron ci eravamo reso conto che

non esiste il purgatorio.

Ovviamente, vois sapete che non esiste, io so che non esiste,

non c'è il purgatorio. L'unico purgatorio che hanno i credenti della chiesa cattolica romana è il portafoglio del prete.

I credenti riempiono i portafogli dei preti in cambio di preghiere

per i defunti.

 

Due anni fa nel solo mese di novembre migliaia e migliaia

di fedeli della chiesa cattolica romana versarono un totale di 22 milioni

di dollari ai preti perché dicessero messe in suffragio per i loro defunti.

È solo per darvi un'idea di quello che sta accadendo,

e ci sono ancora migliaia di madri che si sfiniscono di lavoro

per raggranellare cinque dollari da dare al prete per dire

una messa per il parente che è in purgatorio,

perché quella madre crede che il purgatorio esiste.

 

Nel convento hanno un dipinto del purgatorio,

e non c'è altro in quella stanza tranne quel dipinto.

Ogni venerdì dovevamo camminare davanti a quel quadro.

Cosa vedevo? Era come un gran buco profondo con della gente dentro,

e delle fiamme di fuoco avvolgevano il corpo di quelle persone,

che avevano le mani tese in fuori; la madre superiora allora

diceva alle suore:

"Fareste meglio ad andare a fare un altro po' di penitenza.

Quelle persone vogliono uscire da quel fuoco".

 

E noi facevamo quello che ci dicevano di fare.

Magari andavo in qualche punto del convento e mi ustionavo

gravemente il corpo.

Oppure mi torturavo per versare dell'altro sangue, perché - così credevamo - le nostre sofferenze avrebbero fatto

uscire i defunti dal purgatorio.

 

Il prete sa bene che il purgatorio è la più grossa frode del mondo.

Sa che non c'è un briciolo di verità in essa.

Dico spesso che se togliete il purgatorio e la messa alla chiesa

cattolica romana le avete tolto nove decimi dei suoi guadagni.

Non potrà andare avanti senza di essi, poiché questa chiesa commercializza e specula, non solo sui vivi, ma sui morti.

E così va sempre più avanti.

 

I PRETI

 

Alla madre superiora non importa nulla delle care suore.

Quando il prete viene in convento viene come nostro padre-confessore. Una volta al mese dobbiamo confessarci.

Non volevo andarci.

Sapevo chi c'era lì; non lo conosco personalmente,

ma so per certo che è un prete.

Conosco bene quei preti.

E vi assicuro che non mi fido di nessuno in convento.

Naturalmente, non

sto parlando di tutti i preti in assoluto.

 

Non posso conoscerli tutti. Ma in base alla mia esperienza nel convento

in cui ho vissuto, so quello che accade in quella stanza.

Quel giorno dovevamo andare alla confessione.

Non ho mai visto un prete della chiesa cattolica romana venire in convento senza una bottiglia di liquore sotto la cintola. 

Sia un uomo o una donna che porta una bottiglia

di liquore diventa una bestia.

Quindi nel confessionale c'era una bestia.

 

C'erano solo un crocifisso e la Madonna,

e la sedia su cui era seduto il prete,

nel centro della stanza.

Una per una, le ragazze dovevano entrare, da sole, e inginocchiarsi. Pensateci!

Ora che sono salva fuori dal convento a volte penso e guardando indietro ripenso al prete della chiesa cattolica romana mi dico: "Certo deve essere il fratello gemello del diavolo, perché è pieno di peccato.

È pieno di depravazione.

È pieno di corruzione".

 

Ci inginocchiavamo davanti al prete.

Eri una ragazza fortunata se riuscivi ad allontanarti

da quell'uomo senza essere distrutta. Infatti, era ubriaco.

Era una bestia, non era un uomo.

Oh, certo, aveva l’abito sacro.

Non c'era

nessuno in quella stanza all'infuori del prete e della ragazza,

e solo quando tutto era finito, la giovane poteva uscire

e far entrare la prossima.

Vi assicuro che non amavamo quel giorno.

 

Nessuna di loro conosceva la salvezza. Nessuna di loro sapeva

che Gesù era andato al calvario a morire per loro.

Non sapevano che Lui aveva versato il  sangue per loro.

Non sapevamo niente, perché lo ripeto,

la Bibbia era un libro messo al bando,

che nessuna doveva leggere.

 

Quando il prete va in convento, può andare dalla madre superiora

e chiederle il permesso di entrare nelle celle delle suore.

E la madre superiora che ha una mente carnale e un cuore carnale,

dura, empia, è madre di moltissimi figli illegittimi,

che appartengono al prete.

Quando il prete beve, fanno l’amore e a volte fanno anche

partecipare altre suore.

(È davvero un luogo terribile, non è affatto un ordine religioso.

Non rispettano il nome che portano).

Poi la madre superiora introduce il prete in una delle nostre celle.

 

Spesso ho desiderato che il governo, le autorità, irrompessero

nel convento proprio nel momento in cui quei preti entrano nelle celle.

La madre superiora infatti chiude a chiave la porta e la suora resta alla mercé del prete.

La giovane non ha alcun modo di difendersi

(ho dovuto accudire quelle povere ragazze, essendo stata infermiera

in ospedale).

 

Il corpo della suora dopo che il prete ha finito con lei sembra

qualcosa gettato in un porcile e calpestato da una mezza dozzina

di scrofe.

Questa è la vita in convento!

Posso capire bene perché i preti stanno inveiando contro la mia testimonianza. Ma vi dico che non m'importa se continueranno

ad inveire. Non m'importa cosa faranno.

Non ho affatto paura di loro.

Continuerò a rendere la mia testimonianza.

 

Fintanto Dio mi darà la forza, continuerò a rendere questa

testimonianza malgrado tutti i preti e i vescovi che cercano

di fermarla.

So cosa sto facendo.

So cosa sto dicendo, e non temo nessuno in questo mondo.

Sono una figlia di Dio, e credo che Dio non permetterà

a nessuno di mettermi le mani addosso fino a quando non

avrò portato a termine il mio compito, e come spesso dico,

non m'importa di cosa faranno al mio corpo dopo

che avrò lasciato questo corpo.

 

Non m'interessa affatto.

Perciò continuerò a rendere la mia testimonianza malgrado ciò che pensano i vostri sacerdoti, perché so che Dio mi ha salvata

per mettere alla luce ciò che fanno nei conventi.

Credo che Egli mi abbia salvata per svergognare questi luoghi

che si nascondono sotto la copertura della religione.

Lo credo con tutto il cuore.

 

Ora, si supponeva che noi suore dovessimo concederci

ai preti volontariamente (in realtà, molte volte venivamo sopraffatte).

Ma se rifiutavamo di concedere volontariamente il nostro corpo al prete,

lui si adirava e andava immediatamente dalla madre superiora.

E così, quando due menti carnali come quelle si uniscono,

possono inventare cose che tu e io non possiamo neppure immaginare, perché non abbiamo abbastanza malvagità nel cuore

per inventare cose simili.

Non c'è abbastanza peccato nelle nostre vite per solo a pensare

alle crudeltà efferate come quelle escogitate da loro.

E quando quelle due menti carnali si trovano insieme,

sai quello che ti aspetta..

 

Così, dopo uno o due giorni, la madre superiora mi disse:

"Andiamo a fare penitenza".

La penitenza inflitta era qualcosa che la madre superiora e il prete avevano inventato assieme, e quindi doveva essere qualcosa

di estremamente crudele.

Mi portarono in un sotterraneo sporco, dove non c'è pavimentazione,

ma c'erano delle pertiche lunghe pressappoco 3 piedi [circa 1 metro].

Le avevano fissate alla base con il cemento, e su di esso c'erano degli anelli. C'erano anche delle cinghie di pelle attaccate alle pertiche.

Quando mi portarono lì, mi fecero mettere i piedi in quegli anelli

e mi legarono saldamente le caviglie con le cinghie.

Ora mi trovavo lì, sollevata dal terreno, bloccata.

 

PUNIZIONE

 

Stavano uscendo, e mi avrebbero lasciata chiusa in quel posto sudicio

da sola. Avrei potuto restare lì per due o tre ore, se avessi avuto abbastanza forza in corpo.

Ma cosa mi sarebbe successo dopo?

Non ce la facevo più.

Svenni per lo sfinimento, e caddi a terra.

Ma quando caddi, mi si torsero le

caviglie e non avevo la forza di rialzarmi.

Senza cibo né acqua.

Poi sentii degli insetti che strisciavano sul mio corpo e i topi che

mi passavano addosso, ma ero costretta a restare così.

 

Capisco perché non vogliono che io parli.

Non vogliono che il mondo sappia che queste cose stanno accadendo. Nessun prete vuole che si sappia.

E proprio perché non vogliono che si sappia,

stanno bene attenti a fare in modo che nessuno possa mai uscire

dai conventi dopo esserci stato per degli anni.

Ma posso dirvi che Dio è più grande di tutte le loro forze.

Il mio Dio può stendere la Sua mano sui conventi in questo paese

e in ogni altro e aprire una via affinché qualche ragazza riesca a fuggire. Egli non ha bisogno dell'aiuto dei vescovi o dei preti,

 

GRAVIDANZA NON DESIDERATA

 

E non è tutto.

A volte il prete si adirava perché ci rifiutavamo di peccare volontariamente con lui. Molte volte, non riuscivi a impedire che il prete ti desse

un pugno in bocca; è una cosa terribile.

Ho perso un dente anteriore.

Poi ti buttano a terra e ti danno dei calci nello stomaco.

Molte di quelle preziose suore sono incinte ma al prete

non gliene importa nulla, riempie di calci nello stomaco nonostante

il bambino che porti in grembo. Non gliene importa.

 

Il bambino verrà ucciso comunque, perché quei bambini nasceranno all'interno del convento.

Come potrebbero far nascere dei bambini,

le persone che gestiscono luoghi di perdizione come questi

sotto la copertura della religione?

Il mondo crede che siano ordini religiosi, invece lì dentro

nascono bambini, e per la maggior parte sono parti prematuri.

Molti bambini sono anormali.

Molto, molto raramente ho visto nascere un bambino normale lì dentro.

 

Direte: "Sorella Charlotte, osi dire questo?".

Assolutamente, non solo oso

dirlo, ma intendo continuare a dirlo. Perché?

Ho ricevuto quei bambini dalle partorienti,

quello che ho visto e fatto con queste mani,

sfido il mondo intero ad affermare che non sia la verità.

Se mi chiameranno a testimoniare davanti a un tribunale,

vi assicuro di una cosa: i conventi saranno aperti e il mondo i

ntero scoprirà cosa sono veramente succede.

Sono stata schiava dei conventi per ben 22 anni, ed è una cosa orrenda.

 

Quando sopraggiunge il giorno della nascita del vostro prezioso

bambino  avete già tutto pronto.

La bellissima cameretta per i bambini! Preparate tutti i bellissimi

vestitini per il vostro bambino.

Tutto è meraviglioso.

Guardate a quella piccola, preziosa anima immortale che darete

alla luce nella vostra casa, e tutto è pronto per il grande evento.

 

Oh, ma vorrei che poteste vedere la suora!

Lei non aspetta quel giorno. Non ci sarà mai una coperta

ad avvolgere il corpo del neonato. Non verrà mai lavato,

ma potrà vivere solo per quattro o cinque ore.

Poi la madre superiora prenderà il bambino e gli infilerà

le dita nelle narici, gli coprirà la bocca e spegnerà così la sua

piccola vita.

 

E perché mai costruiscono quelle cave di calce nei conventi?

Che motivo

hanno di esistere se non per uccidere i bambini?

Li prendono e li coprono

con la calce chimica, ed è la fine del bambino.

Oh, quando ci penso!

Per questo voglio spronare la gente.

Pregate! Se sapete come pregare,

se sapete come parlare a Dio,

 

pregate e chiedetegli di liberare le ragazze rinchiuse nei conventi.

In altre parole, pregate che Dio faccia in modo che ogni convento negli Stati Uniti e nel mondo sia aperto, e che il governo vada ad ispezionarli.

E quando il governo vi entrerà, non dovrete preoccuparvi.

I conventi allora saranno aperti.

Le suore saranno portate fuori, e i conventi saranno

chiusi definitivamente, come accadde per i conventi del vecchio

Messico nel 1934. Non ci sono conventi nel vecchio Messico.

Furono aperti tutti e fu svelata la corruzione che esisteva lì dentro.

E le cave di calce.

 

Se andate in vacanza da quelle parti, visitate il vecchio Messico.

Ora quegli edifici appartengono al governo.

Ne hanno fatto dei musei pubblici.

Entrate nei conventi.

Guardate con i vostri occhi.

Toccate con le vostre mani, e poi tornate a casa vostra

e vedrete se non crederete alla mia testimonianza.

 

Vi farà raggelare tutto il sangue nelle vene. Intendo dire

che vi farà provare qualcosa di inimmaginabile.

Ispezionateli e guardate attentamente.

Entrate nei sotterranei.

Visitate i loro tunnel.

Attraversate le cave di calce e guardate i teschi,

intere stanze piene di teschi, e poi chiedete alla guida

da dove vengono.

 

E andate a vedere tutti gli strumenti di tortura che hanno

utilizzato sui corpi delle piccole suore.

Andate nelle

loro celle e guardate i loro letti e vedrete da voi stessi.

Oh si, potete andarci. Guardate e vedete da voi stessi, 

e poi quando tornerete a casa forse pregherete per le ragazze

che sono state adescate ad entrare nei conventi dalle gerarchie

della chiesa cattolica romana.

 

L’ESECUZIONE

 

Mi chiedo come vi sentireste se quello fosse vostro figlio!

Ricordatevi, ho madre e padre, o anzi li avevo,

e mi amavano proprio come voi amate i vostri figli.

E quando mi lasciarono andare in convento sono sicura

che i miei genitori non sapevano a cosa andavo incontro.

Non avrebbero mai sognato che un convento potesse essere

un luogo del genere.

 

Cosa provereste se un giorno vi trovaste a camminare

in una particolare stanza del convento e il pavimento

a un certo punt si apre alla pressione di un interruttore?

C'è una fossa profonda sotto quel pavimento e ci avevano

gettato dentro una suora che aveva fatto qualcosa

che li aveva infastiditi.

 

Doveva essere qualcosa di molto serio se si trovava lì.

Le mani e piedi legati saldamente.

L'avevano gettata in quell'orribile fossa, e l'avevano richiusa.

C'era una gran quantità di calce e sostanze pericolose lì sotto.

Sei suore tra le quali io, dovevano camminare attorno al bordo

della fossa recitando cantilene "per tenere lontani gli spiriti

maligni dal convento", e spruzzando acqua santa sulla fossa. Camminavamo per sei ore, e poi ci sostituirono con altre

sei suore, e così via, finché non udivamo l

a suora esalare l'ultimo respiro.

 

Questa era la fina della suora che avevano gettato nella fossa.

No, non sarà mai liberata dal convento, ma vi importa sapere

che quella suora morirà e sarà perduta?

Ve ne importa?

A me importa perché non conoscendo

Gesù, non potevo parlarle di Dio.

Io stessa non lo conoscevo.

Soffro molto per questo, ma Dio non mi chiederà conto

del sange della suora. Il suo sangue non sarà sulle mie mani

perché ero nell'ignoranza, non conoscevo il Signore

e per questo non potevo parlarle di Lui.

 

Quella mattina, la madre superiora disse: "Mettetevi tutte in riga qui". Potevamo essere una decina, forse quindici.

Ella ci disse di spogliarci completamente.

Non eravamo certamente  belle a guardarci.

Avevamo gli occhi infossati, le guance smunte, i corpi senza forza.

Dio solo sa che aspetto avevamo, perché in 22 anni lì dentro

non mi sono mai potuta specchiare. Non sapevo di avere

rughe sul viso. Non conoscevo la mia età.

L'ho scoperto solo 6 anni fa.

Vivere senza sapere che aspetto hai.

 

Ed eccoci in riga, quando sopraggiunsero due

o tre preti della chiesa cattolica romana con

la solita bottiglietta di liquore legata alla cintola.

Passeggiavano davanti a noi ragazze nude,

e scelsero quella che preferivano da portarsi in cella.

Questi sono i conventi, conventi di clausura.

 

Il prete può fare tutto quello che gli pare e nascondersi sotto

la copertura della religione. Poi gli stessi preti ritornavano alle

loro chiese e celebravano la messa, entravano nel confessionale

facendo credere alla povera gente di potergli dare l'assoluzione

per i loro peccati, quando loro stessi sono saturi di peccato.

Che cosa orribile è quando il prete è pieno di corruzione

e depravazione, eppure si comporta come se lui fosse

il Dio dei credenti. E non è finita.

 

PROGETTARE UN ASSASSINIO

 

Con tutte queste cose che accadevano giorno dopo giorno,

cosa pensate che stesse succedendo dentro di me?

Non sapevo che una persona potesse riempirsi di tanto

odio e amarezza. Cominciai a pensare:

"Quando riuscirò a sorprendere la madre superiora

in una certa stanza, la ucciderò".

Non è orribile pensare all'omicidio nei nostri cuori?

Non ero entrata in convento con un cuore o una mente

del genere, ma cominciai a progettare l'omicidio della

madre superiora e quello di un prete.

Mi domando come vi sareste sentiti nella mia stessa situazione.

 

La madre superiora mi fece sedere su una sedia molto dura,

e mi fece piegare in avanti la testa e infilò le mani e il collo

nella gogna, e mi fissò saldamente.

Sopra la mia testa c'era un rubinetto.

La madre superiora lo aprì, e una goccia prese a cadermi

rapidamente sulla nuca. Non potevo muovermi in nessun modo.

Un'ora, due, tre, quattro ore.

 

Cosa pensate che stesse accadendo?

Ero bloccata lì, immobile.

Cercavo in ogni modo di svincolarmi per allontanare la mia testa

da quella goccia. Se solo aveste potuto vederci,

ci avreste viste schiumare dalla bocca.

Ci avreste visto che ci sforzavamo di liberarci da quella tortura,

e ci facevano restare in quello stato anche per una decina di ore.

Molte volte qualche suora impazziva completamente a causa

di questam particolare "penitenza".

 

Cosa le facevano poi?

Ve lo dirò tra qualche minuto.

Non preoccupatevi, hanno un posto specifico in convento per

le suore che impazziscono.

Sanno come occuparsene.

Sono posti costruiti appositivamente per noi.

 

Queste cose erano in continuazione.

Ed era terribile. Io intanto progettavo e progettavo e progettavo.

Dopo quello che mi avevano fatto ero disperata.

 

Un giorno la madre superiora fu seriamente malata.

Vi chiederete: "Chi prenderà il suo posto?".

Ci sono tre, a volte quattro suore anziane,

e viene sempre scelta la più dura, quella che ha la mentalità

più carnale, senza coscienza.

 

Quando quel giorno mi diedero la notizia:

"La madre superiora è gravemente ammalata"

subito un'idea mi balenò in mente:

"Se andrò nella stanza della madre superiora saprò cosa fare!".

Dopo tutto, ero una peccatrice, non conoscevo Dio,

e avevo un grande odio nel cuore.

Avevano chiamato un medico cattolico.

La madre superiora era molto malata ed essendo stata

infermiera sarei dovuta occuparmi di lei,

 

Ma comunque, tutto il giorno le diedi le medicine.

Feci ogni cosa come mi avevano detto.

Volevo essere certa di quello che stavo per fare.

Dovevo stare attenta.

Aspettai fino all'una di notte quando

le suore finiscono di recitare le litanie.

Quando giunse il momento giusto misi sei medicine

in un bicchiere d'acqua, mescolai e glielo diedi da bere.

Sapevo che sarebbe stata colta da fortissime convulsioni.

Pensavo: "La guarderò soffrire perché ci ha torturate.

Voglio vederla soffrire".

 

Non è terribile vedere come una ragazza semplice può

vivere in un luogo come quello per molto tempo

e mutare fino ad avere lo stesso cuore malvagio

della madre superiora?

Fui terrorizzata quando l

a sua pelle cambiò colore e non riuscivo a sentirle il polso.

Non la sentivo più respirare.

Ero terrorizzata, e pensai: "Oh, cosa farò?

Se la trovano morta, cosa mi faranno?"

 

Allora presi lo strumento composto da una piccola pompa

e da un tubo di gomma e incominciai a pompare più

velocemente possibile.

Grazie a Dio, la donna non morì.

Ringrazio Dio per questo.

E allora pensai a un'altra cosa.

 

Sapevo dove nascondeva le chiavi in uno scaffale della

sua stanza.

Erano attaccate a un grosso anello, e pensai,

"Andrò a prendere quelle chiavi.

Scenderò giù nei sotterranei".

Quando dico giù intendo dire due piani sotto il livello del suolo.

Sarei andata nel luogo dove lei ci aveva sempre

avvertiti di non avvicinarci.

C'era un solido muro e, da un lato una porta pesante,

sempre chiusa a chiave.

 

UNA SCOPERTA RACCAPRICCIANTE

 

Cosa ci poteva essere dietro quella porta?

Quando mi avevano chiusa nella prigione segreta,

avevo udito delle grida provenire dal sottosuolo.

Quelle grida facevano accapponare la pelle.

Quando arrivai, ci volle del tempo per trovare la chiave giusta,

ma riuscii a sbloccare quella porta!

 

Entrai, e mi trovai in una sala larga 5 piedi [circa 1,5 metri]

o forse di più.

Dall'altra parte della sala c'erano delle piccole stanzette

con dentro delle suore.

Quando mi avvicinai alla prima, vidi che a una certa altezza

della porta c'erano delle sbarre di ferro attraverso

le quali potevo guardare. Guardai, e vidi una suora che conoscevo,

con la quale avevo pranzato e pregato insieme nella cappella.

Aveva delle catene ai polsi e alla vita!

 

Le dissi: "Da quanto tempo non ti danno da mangiare?"

 

Nessuna risposta.

 

"Da quanto tempo sei qui dentro?"

 

Nessuna risposta.

 

Scesi verso la seconda cella, poi la terza, la quarta,

la quinta, e la puzza stava diventando insopportabile.

In ogni caso, quelle ragazze non parlavano.

Perché?

Voi sapete che ero vissuta in convento per tanto tempo.

Anche se mi trovato due miglia al di sotto del convento,

sapevo che quando lavoravamo, se bisbigliavamo tra di noi,

il giorno dopo avremmo dovuto subire qualche punizione,

perché i conventi hanno dei collegamenti e la madre superiora

può sentire ogni voce, ogni sussurro, e se qualcuno parla, a

llora sei in guai seri.

 

E quelle suore erano state rinchiuse lì.

Cosa avevano fatto?

Non lo so, ma presumibilmente le loro menti dovevano avere c

eduto e così erano state messe ai ceppi.

E quando morivano, non potevano cadere a terra.

Le catene le trattenevano, così, semplicemente,

si accasciavano.

Quando venivano messe lì dentro,

non ricevevano più né cibo né acqua.

È una morte lenta. E così, nel vedere tutto questo

mi sentii male a causa del fetore disgustoso,

dovuto al fatto che molte di esse erano già morte,

e non so da quanto tempo.

 

Uscii e salii di nuovo verso la stanza dove si trovava la madre superiora che dormiva. Dormì fino al giorno seguente senza mai svegliarsi.

 

UN PIANO DISPERATO

 

Dopo tre giorni mi misero in cucina.

In altre parole, quando andiamo in cucina, sei rimangono per sei settimane. Dovevo cucinare e badare al lavoro svolto in cucina.

Fuori c'era un lungo tavolo da lavoro, dove dovevamo preparare

le verdure per la minestra. La cucina era rettangolare,

molto ampia con delle scale che conducevano giù.

Lì sotto c'era un pianerottolo dove mettevamo le immondizie

e c'era una porta esterna grossa e pesante.

Poi c'era una scalinata in cemento che conduceva

al piano inferiore, quello interrato.

 

Mentre eravamo lì a lavorare sentii qualcuno toccare

il bidone della spazzatura.

Chi c'era giù?

Corremmo a vedere e scorgemmo un uomo intento

a raccogliere il bidone pieno di spazzatura e lasciarne

uno vuoto. Non avevo mai visto una cosa del genere in convento.

Credo che Dio stesse guidandomi verso la via di uscita.

 

Lo credo fermamente.

Ci allontanammo di fretta perché era peccato mortale guardare

un altro uomo all'infuori del prete cattolico.

Così tornammo subito al lavoro.

Ma pensai, "Se quell'uomo tornerà di nuovo a raccogliere

il bidone, gli lascerò una nota per chiedergli

se può portarmi fuori con lui".

 

Sapete cosa feci?

C'era n cucina una matita su una sedia,

con la quale dovevamo scrivere cosa ci occorreva.

Rubai un pezzo di carta, e pensai:

"Ogni volta che mi capiterà di dover usare la matita, scriverò una parola o due riguardo quella nota".

Oh, come guardavo quel bidone!

Quando era quasi pieno, pensai:

"Domani mattina sarà possibile".

 

Quella mattina spezzai il mio crocifisso, e lo posi su una mensola.

Finito di preparare le minestre per la cena, uscimmo tutte insieme

dietro alla madre superiora.

Mi fermai e le dissi: "Posso parlarvi?"

"Madre Superiora, ho rotto il mio crocifisso, l'ho lasciato in cucina.

Posso andare a cercarlo?"

(ovviamente nessuna suora può andare in giro senza il crocifisso).

 

Mi domando’: "Come l'hai rotto?".

Le mentii.

Mentivo a tutte le sue domande.

Vi chiederete il perché.

Perché lei ci mentiva, e noi tutte mentivamo,

quindi non c'era differenza tra di noi. Infine, disse:

"Vai a prendere il crocifisso e torna qui".

Andai direttamente verso il bidone e misi la mia nota:

"Se legge queste righe, aiutatami.

Potresti fare qualcosa per aiutare le suore a uscire?".

Gli scrissi delle 19 celle che c'erano lì sotto con 19 suore rinchiuse dentro. Gli scrissi dei neonati che erano stati uccisi.

Gli scrissi delle suore rinchiuse nei sotterranei e incatenate.

Gli scrissi molte altre cose, e e conclusi: "Ci aiuta?

Se la risposta e’ affermativa,

per favore lasci una nota sotto il bidone vuoto".

 

LA FUGA

 

Quando alzai il bidone e trovai una nota,

non potete mai immaginare come mi sentii.

Mi immobilizzai. Ero così spaventata che non sapevo cosa fare.

Raccolsi il pezzo di carta e lessi:

"Non chiuderò a chiave né la porta né il cancello grande di ferro.

Uscite fuori". Oh, era più di quanto avessi mai sperato.

Non avevo mai sperato di poter uscire dal convento.

Volevo uscire, ma pensavo che vi sarei rimasta per sempre.

 

Quando riuscii a ricompormi andai alla porta e girai il pomello si aprì!

Uscii dal convento e chiusi la porta dietro di me.

Arrivai al grande cancello di ferro, ma era ancora chiuso come

lo era sempre stato! Ero terrorizzata a morte.

Cosa sarebbe successo se fossi tornata indietro

e avessi bussato alla porta?

Cosa mi avrebbero fatto?

Oh, che terrore nel mio cuore!

 

Non avevo né scarpe né calze.

Quelle che avevo le avevo consumate molti anni prima.

Quando penso che la chiesa cattolica romana

è la chiesa più ricca del mondo e lascia le suore senza

scarpe e senza calze d'inverno e d'estate,

in estrema povertà, mi chiedo con che coraggio lo fanno!

Noi siamo affamate, mentre i loro preti sono obesi.

 

L'unica cosa che mi restava da fare era di saltare dal cancello.

Mi aggrappai e cercai di arrampicarmi.

A mezzo metro dalla cima c'era una sporgenza

larga circa 15 centimetri.

Riuscii a poggiare un ginocchio lì sopra, ma non avevo più forze.

Come sarei passata oltre quei punti taglienti?

Pensai, "Non posso scendere, non ho abbastanza forze,

dovrò saltare". Sapevo che se fossi saltata mi sarei

fratturata le ossa, ma non avevo un’altra alternativa.

 

Nel convento hanno una sirena di allarme nel convento.

Oh, i preti vi dicono che loro non entrano nei conventi,

ma vorrei che poteste vederli all'inseguimento della suora

che ha cercato di fuggire dal convento.

Non possono permetterle di uscire, altrimente potrebbe

testimoniare contro di loro, e tutte le atrocità commesse

nei conventi sarebbe conosciute in tutto il mondo.

 

Ero terrorizzata.

Cercai di scuotermi e di dondolarmi abbastanza da potermi aggrappare

al cancello con una mano.

Ci riuscii.

Allora con l'altra mano cercai di slegare la sottana,

e sapete cosa successe?

Caddi giù a terra.

Finalmente ero fuori.

Restai svenuta per un po', non so per quanto tempo.

Quando mi riebbi, mi accorsi di avere una spalla e un braccio rotto.

L'osso era uscito fuori perché ero talmente magra che ero solamente

pelle e ossa.

 

IN CERCA DI AIUTO

 

Pensai, "Cosa farò adesso? Dove andrò?"

Non ero negli Stati Uniti.

Ero in qualche posto di cui non conoscevo il nome.

Quando mi avevano portata lì, ero talmente coperta di veli che non potevo vedere niente.

Non sapevo dove mi trovavo.

Non sapevo dove andare.

Non sapevo più se avevo qualcuno al mondo.

Ero povera, non avevo soldi, ero affamata,

ero pelle e ossa e anche ferita.

Dove sarei potuta andare? 

Mi allontanai.

Volevo stare alla larga dal convento!

 

Le foglie cadenti facevano un gran rumore! Ero spaventata

e continuavo a correre; infine sopraggiunse l'oscurità.

Non c'è il crepuscolo in quel paese, il buio cala improvvisamente.

Vidi un piccolo edificio vicino alla strada.

Pensai: "Mi nasconderò lì".

Forse un canile o un pollaio o qualcosa del genere.

Era sporco, ma mi accovacciai lì perché sconvolta e spaventata.

 

Cominciai a riprendermi,

e pensai: "Dovrò viaggiare, è buio. È più sicuro per me".

Così uscii e camminai per tutta la notte e il giorno seguente.

Mi nascosi dietro a delle assi che erano ammucchiate contro

un vecchio edificio. Immaginate cosa significò per me stare

lì nascosta tutto il giorno! Affamata, con le ossa rotte,

riuscite a immaginare come mi sentivo?

No.

Voi non lo potrete mai capire.

 

Quando calò la notte, dovetti ricominciare a fuggire

per allontanarmi dal convento.

Avevo paura di bussare alla porta di qualcuno.

Ero spaventata, e per quel che ne sapevo,

mi sarebbe anche potuto capitare di bussare alla porta

di qualche cattolico che avrebbero immediatamente avvisato

i preti e sarei stata ricondotta con la forza in convento.

Avrei preferito che mi uccidessero piuttosto che ritornare lì.

Così non bussai, ma proseguii.

 

La notte successiva mi nascosi in un sacco,

ma il pomeriggio del terzo giorno mi preoccupai perché

il braccio si era gonfiato molto ed ero costretta a reggerlo

con l'altra mano.

Tutte le dita erano diventare blu, e capii che stava cominciando

la cancrena. E sapete, non c'era nessuno lì ad aiutarmi,

e mi resi conto che stavo per morire come un topo di strada.

Era una sensazione terribile,

e pensai, "Cosa farò? Uscirò e forse morirò prima.

Devo bussare alla porta di qualcuno". E fu quello che feci.

 

Ricordo che camminai (non so per quanto) finché vidi una lampada.

Era una vecchia lampada, con la fiamma accesa.

Una casa molto povera, non verniciata, e immaginai che fosse

abitata da persone povere.

Bussai alla porta, e un uomo alto venne ad aprire.

Era piuttosto anziano. Gli dissi: "Per favore, posso avere

un bicchiere d'acqua?". L'uomo non mi rispose,

ma entrò in casa e chiamò sua moglie.

 

Dio benedica il suo cuore, si trattava di una donna come

le tipiche madri all'antica. Grazie a Dio ci sono anche molte

persone buone in questo mondo.

Quella cara piccola donna semplicemente spinse

la porta e disse: "Non vuoi entrare e sederti?"

Fu la musica più dolce che avevo sentito in vita mia.

Accettai, e lei mi diede una sedia.

Ero felice di essere lì seduta.

 

Quella donna era povera.

Non c'erano tappeti sul pavimento, una tovaglia a scacchi

rossi copriva la tavola,

e in un angolo una piccola vecchia stufa accesa.

Mi diede del latte caldo.

Ero affamata.

Non conoscevo le buone maniere, le avevo dimenticate.

Avevo dimenticato moltissime cose in quei 22 anni in convento.

E così presi il bicchiere di latte prima ancora che lei si

sedesse, e lo bevvi, ma lo vomitai. 

Non avevo mai bevuto latte per 22 anni.

Andò  alla stufa, riscaldò dell'acqua, ci aggiunse dello zucchero

e me la portò. Si sedette accanto a me e me la diede con

un cucchiaio.

La bevvi tutta.

Oh, com'era buona! Era nutriente.

 

Allora il marito mi si avvicinò e disse:

"Ora dicci chi sei e da dove vieni".

Cominciai a piangere. Mi ero spaventata.

Dissi: "Sto fuggendo dal convento e non voglio tornarci".

Lui mi disse: "Cosa ti è successo?"

"Ho cercato di arrampicarmi per uscire dal cancello

e sono caduta, mi sono fatta male".

 

IL DOTTORE

 

L'uomo disse: "Dovremo chiamare un dottore".

Allora divenni isterica. Mi alzai dal tavolo, e cercai di correre fuori,

ma non me lo permisero.

L'uomo disse: "Aspetta. Non vogliamo farti del male.

Sei ferita. Hai bisogno di aiuto".

 

Io dissi: "Non ho soldi, e non ho nessuno, e non posso pagare

il conto del medico".

Ero in una situazione disperata.

Quell'uomo mi disse: "Vado a cercare un dottore, non è cattolico e neppure io lo sono".

Quel caro uomo non aveva un'automobile, ma su un ronzino fece

14 chilometri e mezzo per raggiungere il dottore.

Quando il dottore entrò e mi vide, cominciò a imprecare.

Era sconvolto. Perché?

Perché in teoria stava guardando quello che avrebbe dovuto

essere un essere umano, ma non avevo più l'aspetto

per le condizioni orribili in cui ero.

 

Alla fine, il dottore disse: "Devo portarti all'ospedale questa notte stessa". Oh, divenni isterica! Dissi: "Non voglio andare. Vi prego,

non fatemi andare!".

Si sedette, prendendomi gentilmente la mano mi disse:

"Non ti farò del male. Devi ricevere aiuto, e voglio aiutarti".

 

Il  dottore mi portò all'ospedale quella notte stessa e fu lì che conobbi

il mio. Pesavo esattamente 40 chili e mezzo. Oggi 81 chili.

Mi portarono in sala operatoria e poi m’ingessarono.

Soffrii molto.

 

Infine, un giorno venni rilasciata dall'ospedale.

Implorai che mi facessero andare a vivere con la coppia anziana

e mi accontentarono.

Il dottore volle accompagnarmi a casa.

Ero stata in ospedale per tre mesi e mezzo.

Rimasi con l'uomo e la donna per un certo tempo.

Un giorno ricevetti una lettera dal dottore  e sapete cosa c’era incluso?

Un assegno.

Scrisse all'anziana coppia di comprarmi una valigia e dei vestiti e lui sarebbe venuto da me un giorno.

 

Quel dottore era un estraneo, ma oh, quanto ringrazio Dio che ci sono

al mondo degli uomini e delle donne che usano parte

dei loro soldi per aiutare chi è meno fortunato di loro.

Il dottore spese molti soldi per aiutarmi.

Stetti all'ospedale tre mesi e mezzo, e fu lui a pagare tutti

i conti. Quanto lo apprezzai! 

Un giorno il dottore venne a prendermi per

accompagnarmi al treno.

 

Mi mise sul treno e mi affidò alla custodia di una

persona. Aveva trovato delle persone che si sarebbero preso

cura di me. Viaggio per autobus, treni e navi per molto tempo,

dopo avermi fatto avere il visa per ritornare negli Stati Uniti, mi affido’ sempre alle cure di qualcuno perché aveva paura di lasciarmi

andare da sola dopo aver vissuto così a lungo in convento.

 

FINALMENTE A CASA

 

Un giorno fecero il nome della città dove viveva mia mamma e mio papà.

E dato che ricordavo la strada per casa, quando scesi dal treno corsi poiché è una cittadina molto piccola.

Quando suonai il campanello, papà venne alla porta,

lo guardai ma non lo riconobbi.

Gli chiesi: "Lei sa dove vive mio padre?"

 

Rispose: "Chi sei, e come ti chiami?".

 

Dissi il mio nome, non quello della chiesa, ma il mio nome di battesimo.

Mi guardò, e rivolgendosi a me con il nomignolo affettuoso che usava quando ero bambina, disse: "Sei proprio tu?".

Mio padre non mi riconosceva, eppure era proprio lui;

mi invitò ad entrare e io gli chiesi: "Papà, mamma è ancora viva?"

Giaceva nel letto da sette anni e mezzo, era invalida.

Naturalmente né lei riconobbe me, né io la riconobbi.

 

Quella stessa notte mi ammalai gravemente e mi riportarono

in ospedale per altri tre mesi e mio padre pagò tutti i conti.

Rimborsò il dottore che mi aveva aiutato

e pagò la coppia anziana.

Rimborsò tutti quelli che mi avevano aiutata.

Fu stupendo, quando mi fui rimessa completamente

feci l'esame per infermiera. E sapete cosa fece Dio?

Fece in modo che una donna venisse proprio in quell'ospedale.

cattolico.

 

Questa donna era un pastore della Chiesa di Dio.

Pensai, "Che strano!".

Proprio oltre il Mississippi ci sono due magnifici ospedali

protestanti e lei vive da quelle parti.

Proprio lì, tre città unite.

Perché mai questa donna è venuta in un ospedale cattolico?

Perché?

Credo che Dio abbia guidato ogni cosa fin dall'inizio.

Quella donna venne nell'ospedale e il dottore mi disse: "Voglio che ti occupi di lei. Andando a prepararla per la sala operatoria la sentii pregare. Divenni l'infermiera personale di quella donna.”

 

Dopo aver lasciato l'ospedale, andò a casa, e io l’accudivo.

La donna mi chiese se volevo andare in chiesa con lei.

Sapete, l'avevo sentita pregare a casa sua molte volte.

Ero vissuta in quella casa abbastanza a lungo da poter leggere

la Bibbia.

Non avevo mai letto la Bibbia prima, mi dava le scritture

e mi chiedeva di leggergliele. Mentre leggevo la Parola di Dio, Dio cominciò a parlare nel mio cuore.

 

Quando mi chiese: "Vorresti venire in chiesa con me?"

andai e per la prima volta in vita mia ascoltai il Vangelo.

Per quattro notti fu veramente meraviglioso.

Non avevo mai sentito nulla di simile.

Mi parlava del piano di salvezza di Dio.

Mi parlava di Dio.

Mi diceva che avevo bisogno di Lui, per essere salvata.

 

Sapete cosa facevo ogni sera?

Andavo con lei in chiesa e poi dicevo:

"Vai pure a dormire, io resto ancora un po' al pianterreno".

Posavo la mia Bibbia sulla sedia, e lì sfidavo Dio, dicendo:

"Dio, hai sentito quello che ha detto il predicatore? Signore, hai sentito?".

E gli elencavo tutto quello che avevo ascoltato durante la funzione religiosa. Poi dicevo: "Dio, hai sentito?

Allora, se Tu sei Dio e se la Bibbia è la Parola di Dio,

allora Tu sei reale! Io voglio quello che hanno quelle persone.

Ma, se non sei Dio, e se la Bibbia non è la Tua Parola,

allora non darmi nulla". Mi rivolgevo in questo modo a Dio,

per metterlo alla prova. Siate certi che Dio non vi darà mai

qualcosa che non viene da Lui.

 

E ogni notte continuavo a ripeterlo e così per quattro o cinque notti.

Avevo perduto l'appetito e il sonno e incominciai anche

a perdere peso.

Ma una notte tornai in chiesa, e proprio nel mezzo della predica

mi alzai e con le mani  tese verso l'alto, corsi verso l'altare e gridai:

"Mio Dio, perdona tutti i miei peccati!".

Ero una peccatrice.

Ma Dio mi aveva portata lì.

Gloria al Suo meraviglioso Nome.

Mi pentii di tutto quello che avevo fatto in quel convento.

Avevo rubato le bucce delle patate. Avevo rubato il pane.

Avevo mentito.

Avevo rivolto degli insulti tra i denti alla madre superiora.

Voglio che sappiate che in quel luogo Dio mi perdonò tutti

 i peccati della mia vita. Quanto Lo ringrazio e Lo lodo per questo! Gloria al suo meraviglioso Nome. Dio è stato veramente buono con me. Molto, molto buono.

 

Dopo alcune sere ritornai in chiesa. Dio mi guarì con il battesimo dello

Spirito Santo. Per me Dio e’ più di qualunque bene materiale che possiedo in questa città. Preferisco Gesù, perché ho trovato in Lui il migliore

amico che abbia mai avuto. Posso parlargli di qualunque cosa, e Lui non

mi riprende. Posso sedere ai Suoi piedi e ogni giorno parlargli della mia vita: "Gesù, io ti amo. Gesù, ti amo". Posso confidargli ogni segreto del mio

cuore. È Lui il migliore amico che tu possa avere. Egli è potente e ti salva. È potente e ti libera. Può liberarti dalle cose di questo mondo e renderti libero di conoscere Lui. Gloria al Suo Nome. Ho un Dio meraviglioso. L’amo immensamente. Dio è reale nella mia vita. È meraviglioso il modo in cui Dio mi ha liberata dal convento. Pregate per me. Ho tanto bisogno delle vostre preghiere. Devo andare in

paesi prevalentemente sotto l’influenza della chiesa cattolica romana. Dovrò soffrire molto, ma sono disposta a farlo per Gesù affinché possa parlare ad altri di Lui e raccontare loro la mia testimonianza in modo che altre suore della clausura possano essere salvate dai conventi. Perciò, pregate per me; lo farete?

 

 

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